Translated by: Dr. Laura Alonzo and Dr. Giorgia Porrello
Bariatric Embolization in the Treatment of Patients with a Body Mass Index Between 30 and 39.9 kg/m2 (Obesity Class I and II) and Metabolic Syndrome, a Pilot Study
Raphael Braz Levigard, Henrique Serrão, Camille Castro, Priscila Matos, Fernanda Mattos, Eduardo Madeira, Camila Lüdke Rosseti, Denise Pires de Carvalho, Joana Rodrigues Dantas, Lenita Zajdenverg & Miguel Madeira
Cardiovasc Intervent Radiol. 2021 Feb 1. doi: 10.1007/s00270-021-02776-7. Epub ahead of print. PMID: 33527186.
L’obesità è una delle principali cause di morbilità e mortalità in tutto il mondo e spesso coesiste con la sindrome metabolica (MS). Le possibili opzioni di trattamento includono la chirurgia bariatrica, che presenta un tasso di complicanze fino al 25% e, più recentemente, l’embolizzazione arteriosa bariatrica (BAE), un’alternativa minimamente invasiva in grado di ridurre i livelli sierici di grelina, l ‘“ormone della fame”, attraverso l’ischemia del fondo gastrico.
Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare la sicurezza e l’efficacia della BAE in una coorte femminile con MS e obesità di classe I (BMI da 30,0 a 34,9) e II (BMI da 35,0 a 39,9). In questo studio prospettico monocentrico sono state arruolate 10 partecipanti di sesso femminile, di età compresa tra i 21 e i 48 anni, con BMI mediano di 36,37 ± 2,58 kg / m2 e con SM.
La procedura comprende lo studio angiografico dell’arteria gastrica sinistra (LGA), gastroduodenale e splenica, seguito dall’embolizzazione mirata, mediante Embospheres 300-500 μm, dell’LGA, l’arteria dominante che alimenta il fondo gastrico e, in alcuni casi, anche dei vasi irroranti accessori (arteria gastrica sinistra accessoria, arteria gastroepiploica e arteria gastrica breve).
Tutte le partecipanti sono state dimesse con indicazione ad una dieta liquida seguita da una dieta blanda e ipocalorica a basso contenuto di grassi e carboidrati. Inoltre sono state invitate ad assumere protettori gastrici come pantoprazolo seguito da omeprazolo. Le pazienti sono state sottoposte a screening mediante endoscopia gastrointestinale, eseguita prima della procedura, a una settimana e a un mese dalla BAE. Sei mesi dopo la BAE, l’efficacia è stata valutata in base alle variazioni del peso corporeo totale (TBW), ai livelli di grelina, all’Homeostatic Model Assessment-Insulin Resistance (letteralmente: Modello di valutazione dell’omeostasi – insulino resistenza) (HOMA-IR), ai cambiamenti nella qualità della vita (QOL) e infine ai punteggi nella scala del binge eating (BES).
Sei mesi dopo l’embolizzazione, il TBW è diminuito del 6,8% (6,22 kg ± 3,6; p = 0,01), la grelina sierica è scesa da 25,39 pg / ml ± 10,63 a 17,1 ± 8,07 (p = 0,01) e l’HOMA-IR è diminuito da 7,29 ± 5,66 a 3,73 ± 1,99 (p = 0,01). I punteggi di QOL sono migliorati da 59,64 ± 5,59 a 69,02 ± 11,97 (p <0,05) e il BES da 21,50 ± 8,89 a 9,60 ± 4,40 (p = 0,01). In totale, secondo la classificazione di Clavien-Dindo, si sono registrate due complicanze di Grado 1 (ulcere gastriche profonde) e una complicanza di Grado 2 (trombosi nel sito di iniezione). 9 pazienti su 10 non hanno seguito la dieta ipocalorica proposta loro ad un mese dalla procedura, con un consumo di circa 300 kilocalorie in più rispetto alla quantità prescritta.
Questo studio ha dimostrato che per una piccola popolazione di donne con obesità di classe I e II e MS, l’efficienza della BAE ha ridotto il peso, la resistenza insulinica e i livelli di grelina e ha migliorato i punteggi BES e QOL, in assenza di complicanze maggiori.
Fig. 1 A Arteriogramma digitale gastrico sinistro (non sottratto) in posizione supina dall’approccio radiale sinistro che mostra i rami arteriosi del fondo gastrico (*) e della parte prossimale del corpo. B Arteriogramma in sottrazione digitale dell’arteria gastrica sinistra dopo embolizzazione con Embospheres che mostra l’occlusione dei rami distali dell’arteria gastrica sinistra.
Prostatic Artery Embolization for the Treatment of Recurrent Lower Urinary Tract Symptoms following Transurethral Resection of the Prostate
Xu ZW, Tian W, Zhou CG, Leng B, Shi HB, Liu S.
J Vasc Interv Radiol. 2021 Feb;32(2):242-246. doi: 10.1016/j.jvir.2020.09.004. Epub 2020 Nov 25. PMID: 33248915.
L’iperplasia prostatica benigna (IPB) è responsabile di sintomi del tratto urinario inferiore (LUTS). Dopo resezione transuretrale della prostata (TURP), all’circa l’11,2% dei pazienti necessita di un re-intervento per intolleranza alla terapia medica o per fallimento della TURP iniziale. La ripetizione della chirurgia è associata ad un aumentato tasso di morbilità chirurgica e a gravi complicanze. L’embolizzazione dell’arteria prostatica (PAE) è quindi emersa come una modalità minimamente invasiva praticabile per l’efficiente gestione dei LUTS nei pazienti con IPB.
Lo scopo di questo studio retrospettivo monocentrico è stato quello di valutare la sicurezza e l’efficacia della PA nei pazienti con LUTS ricorrenti secondari a IPB che hanno subito una precedente TURP. Questo studio, ha incluso 15 pazienti con LUTS severa (International Prostate Symptom Score [IPSS] ≥ 18 e score di qualità della vita [QoL] ≥ 3) refrattari al trattamento medico per almeno 6 mesi, tra febbraio 2014 e aprile 2019.
La procedura consisteva nell’esecuzione di un’angiografia a sottrazione digitale delle arterie prostatiche (PA) e delle loro relative anastomosi pelviche seguita dall’embolizzazione completa di entrambe le arterie prostatiche con particelle di alcol polivinilico (PVA) (90-180 μm (n = 9) o 180-300 μm (n = 6)). Un palloncino di Foley viene posizionato in vescica per ottenere una visualizzazione ottimale.
Dopo la PAE, ai pazienti è stato chiesto di segnare su un questionario la gravità del dolore percepito e di rimanere in ospedale per l’osservazione. I pazienti sono stati seguiti telefonicamente o in regime ambulatoriale e il volume prostatico (PV) è stato calcolato in RM o ecografia a 3 e 12 mesi dopo la PAE. Non ci sono state complicanze maggiori. 5 pazienti hanno avuto complicanze minori che si sono risolte spontaneamente, inclusi lieve dolore uretrale durante la minzione, pollachiuria, dolore pelvico e febbre.
Gli intervalli tra la TURP e i sintomi ricorrenti e tra la TURP a laPAE erano rispettivamente 4,3 y ± 3,2 e 5,6 ± 3,8 anni. Si è raggiunto il successo tecnico in tutti i pazienti. La percentuale di successo clinico, valutato come sollievo dai LUTS a 12 mesi, è stata del 93,3% (14 su 15 pazienti). L’IPSS si è ridotto significativamente da 22,5 ± 4,1 iniziale a 9,9 ± 4,9 al follow-up di 12 mesi e la QoL è migliorata da 4,7 ± 1,0 a 2,1 ± 1,1 (P <0,05 per entrambi). C’è stata una significativa riduzione media del 26,6% del PV a 12 mesi, passanto da 100,7 cm3 ± 38,5 a 73,9 cm3 ± 29,4 (P <0,05).
La percentuale di riduzione del PV era inferiore a quella riportata da Wang et al (41,9%), Kurbatov et al (44,9%) e Bhatia et al (39,3%). Un paziente ha sperimentato LUTS ricorrenti a 12 mesi nonostante una marcata riduzione del PV, il che indica che il miglioramento dei sintomi non poteva essere interamente determinato da una diminuzione del PV.
In sintesi, questo studio rivela che la PAE è una procedura sicura ed efficace per LUTS ricorrenti dopo TURP.
Fig. 2. Imaging RM e DSA in un uomo di 83 anni. (a) Immagine assiale della ghiandola prostatica ingrandita, prima della PAE, con una cavità di resezione prostatica. (b) Diametro verticale della prostata calcolato sul piano sagittale (PV, 135,2 cm3). (c) L’angiografia dell’arteria iliaca destra ha mostrato la PA derivante dall’arteria pudenda interna. (d) L’angiografia post–embolizzazione ha mostrato l’occlusione della PA destra. (e) Immagine RM assiale a 3 mesi dopo PAE che mostra una riduzione del PV. (f) Immagine RM sagittale a 3 mesi dopo la PAE con il diametro verticale (PV) 112,7 cm3; e variazione rispetto al basale del 16,6%).
Ergonomics in IR
Knuttinen MG, Zurcher KS, Wallace A, Doe C, Naidu SG, Money SR, Rochon PJ.
J Vasc Interv Radiol. 2021 Feb;32(2):235-241. doi: 10.1016/j.jvir.2020.11.001. Epub 2020 Dec 24. PMID: 33358387
Questa review mira a riassumere le sfide ergonomiche affrontate dai radiologi interventisti, a ribadire le soluzioni esistenti e ad evidenziare la necessità di ulteriori ricerche ergonomiche in più aree.
L’applicazione dei principi ergonomici ha lo scopo di massimizzare le prestazioni riducendo gli infortuni sul lavoro, gli errori di prestazione e la perdita di produttività. Esiste un ampio corpo di ricerca che dimostra alti tassi di disturbi muscoloscheletrici (MSD) in campi procedurali come la cardiologia interventistica, endoscopia e chirurgia; tuttavia, la ricerca nell’ambito della radiologia interventistica è molto esigua. Un sondaggio del 2019 di Wells et al. ha dimostrato nuovamente una maggiore necessità di periodi di malattia per disabilità di breve termine correlate a MSD nei chirurghi endoscopisti / minimamente invasivi. Inoltre, i medici in campi endoscopici / minimamente invasivi che soffrono di DMS sono a più alto rischio di burnout, in particolare le donne, nelle specialità ad alto rischio, hanno un rischio maggiormente alto per alcuni MSD rispetto ai loro colleghi.
Per evitare i fattori di rischio associati allo sviluppo di MSD, le sale procedurali e le apparecchiature devono essere progettate e utilizzate in modo da ottimizzare le condizioni ergonomiche per l’operatore. Alcuni di questi principi ergonomici sono illustrati nella Figura 3. Tecniche come l’uso di solette o tappetini imbottiti, devono ancora dimostrare un effetto preventivo o terapeutico nel dolore lombare. Inoltre, sono necessari ulteriori studi per valutare i vantaggi ergonomici o gli effetti protettivi degli indumenti di piombo a 2 pezzi rispetto a quelli ad unico pezzo e i vantaggi a lungo termine delle cinture di supporto lombare.
Esistono alcune soluzioni per ridurre i disturbi muscoloscheletrici. Un regime di esercizi con allenamento di forza / resistenza e esercizi di coordinazione / stabilizzazione si è dimostrato efficace nell’alleviare il mal di schiena cronico. I microbreaks, ad esempio, 1-2 minuti ogni 20-40 minuti, sono stati utilizzati anche in molti luoghi di lavoro per migliorare la produttività dei lavoratori e prevenire il disagio correlato al lavoro stesso.
Attualmente non esiste alcuna ricerca che delinei specificamente i tipi di disturbi muscoloscheletrici sperimentati dai radiologi interventisti donna rispetto ai loro colleghi e gli impatti dell’ergonomia e dei disturbi muscoloscheletrici sul benessere dei medici e il burnout nei radiologi interventisti. Considerazioni speciali nei radiologi interventisti donna includono le differenze di forza oggettive della parte superiore del corpo rispetto ai maschi e il design di strumenti chirurgici laparoscopici o generali, inclusa l’altezza del tavolo e le dimensioni dell’impugnatura, storicamente progettati per una popolazione maschile più alta e con la mano più grande.
È anche importante notare che l’ergonomia ottimale è utile anche per i medici in formazione. Incorporare l’educazione all’ergonomia nei curricula di formazione specialistica in radiologia interventistica può aiutare a rafforzare l’importanza dei principi ergonomici tra educatori e specializzandi, in particolare considerando il benessere dei medici e la longevità della carriera.
Fig 3. Diagramma sulle tecniche ergonomiche da utilizzare in una sala di radiologia interventistica.
Partendo da sinistra, le spalle, le braccia e la testa dell’operatore sono in linea con i display utilizzati. La schermatura in piombo non impedisce la corretta posizione del corpo. A destra, i display utilizzati sono posizionati al di sotto del livello dello sguardo secondo un angolo di 15°.
Il tavolo è posizionato all’altezza dei gomiti o subito al di sotto (entro i 10 cm o al 70-80% dell’altezza dei gomiti). L’operatore mostra stazione eretta e dritta.
Interventional Radiology’s Evolution Into a Clinically Based Specialty
Tai E, Graham T, Wong J, Mujoomdar A.
Can Assoc Radiol J. 2020 Dec 1:846537120975214. doi: 10.1177/0846537120975214. Epub ahead of print. PMID: 33259225.
“Se i miei colleghi angiografisti si dimostrano riluttanti o incapaci di accettare o garantire ai loro pazienti le responsabilità cliniche associate all’angioplastica transluminale, diventeranno idraulici costosi che rischiano la perdita dei loro diritti territoriali basati esclusivamente su apparecchiature di imaging che altri possono ottenere e su abilità che altri possono apprendere . “
– Dr. Charles Dotter, il padre della radiologia interventistica (1968)
In Canada, la Canadian Association for Interventional Radiology (CAIR) supporta il campo in crescita della radiologia interventistica. Nel 2016, quella del radiologo interventista, è stata riconosciuta dal Royal College of Physicians and Surgeons of Canada come una sottospecialità, distinta della radiologia diagnostica. Ciò è stato seguito dal recente sviluppo di un programma di specializzazione separato in radiologia interventistica e di un esame di specializzazione dedicato.
La radiologia interventistica si è gradualmente evoluta in una pratica clinica. Le responsabilità cliniche includono accettare i rinvii, eseguire consultazioni prima degli interventi elettivi, urgenti o di emergenza, il follow-up post-trattamento ed educare pazienti ed operatori sulle opzioni terapeutiche che possono essere utili per il paziente. La possibilità di ammettere dei pazienti privati per l’esecuzione di determinate terapie (admitting privileges) è stata la chiave di volta in molte aree della medicina. Nel 2015, il numero di radiologi interventisti con admitting privileges è stato del 46%, in aumento rispetto al 29% del 2005. Ciò dimostra che il radiologo interventista è capace ed aspira ad essere il medico più responsabile durante il ricovero del paziente.
I vantaggi di questa progressione clinica si riscontrano nei miglioramenti in termini di cura del paziente grazie all’aumentato follow-up di pazienti ricoverati e ambulatoriali e nel maggiore contatto dei radiologi interventisti con i pazienti stessi. Si è anche instaurata una maggiore collaborazione con i medici e, a sua volta, vi è stato un aumento degli indirizzamenti specialistici. Sulla base dei risultati delle indagini canadesi sui radiologi interventisti nel 2015, si è visto che il 90% degli intervistati è stato coinvolto nella cura longitudinale del paziente, dato in aumento rispetto al 42% del 2005. A loro volta, ciò fa sì che ai radiologi interventisti debba essere assegnato tempo aggiuntivo per gli obblighi clinici e per la cura del paziente. I reparti di radiologia e gli ospedali dovrebbero consentire tale flessibilità di pianificazione.
La radiologia clinica interventistica è il nuovo standard di cura che dovrebbe essere adottato nelle pratiche di IR. Il modello del radiologo interventista visto esclusivamente come tecnico è estinto.
References