What’s new in MSK Imaging (Italian) – August 2020

5 anni ago
Diagnostic Performance of Magnetic Resonance Imaging for Detecting Meniscal Ramp Lesions in Patients With Anterior Cruciate Ligament Tears: A Systematic Review and Meta-Analysis.

Koo B, Lee SH, Yun SJ, Song JG. Diagnostic performance of magnetic resonance imaging for detecting meniscal ramp lesions in patients with anterior cruciate ligament tears: a systematic review and meta-analysis. The American Journal of Sports Medicine. 2019 Nov 4:0363546519880528.    

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31684739/

Background: Le “ramp lesion” sono lesioni caratterizzate dalla rottura, interruzione o distacco delle inserzioni periferiche del corno posteriore del menisco mediale (lesione meniscosinoviale o meniscocapsulare). La ricostruzione del legamento crociato anteriore (LCA) senza riparazione della ramp lesion, potrebbe non riuscire a ripristinare la normale cinetica articolare. La ramp lesion causa traslazione anteriore e lassità rotazionale esterna (instabilità del ginocchio), estensione della rottura del corno posteriore del menisco mediale e degenerazione accelerata del menisco e della cartilagine articolare . Tuttavia, l’accuratezza diagnostica dell’imaging in risonanza magnetica (MRI) nell’identificare la ramp lesion presenta un range variabile.

Domande: Qual è la sensibilità e la specificità della risonanza magnetica nella diagnosi di ramp lesion nei pazienti con rottura del LCA?

Disegno dello studio: Review sistematica e meta-analisi.

Partecipanti: 883 pazienti con rottura e ricostruzione del LCA (9 studi da 8 articoli).

Criteri di esclusione: (1) case report o serie di casi; (2) revisione di articoli, linee guida, dichiarazioni di consenso, lettere, editoriali e abstracts di congressi; (3) studi non pertinenti al settore di interesse; (4) studi non condotti su esseri umani vivi (studi su animali o da cadavere) e (5) studi con dati insufficienti per una tabella 2 × 2.

Metodo: E’ stata eseguita una ricerca bibliografica su PubMed, EMBASE e Cochrane Library sulla base delle linee guida revisionate per la PRISMA DTA (Preferred Reporting Items for Systematic Review e Meta-Analyses of Diagnostic Accuracy Studies). Sono stati inclusi studi di performance diagnostica che utilizzavano l’imaging in risonanza magnetica come test indice e l’artroscopia come standard di riferimento per la ramp lesion. Per valutare la performance diagnostica è stato utilizzato un modello bivariato e HSROC ( hierarchical summary receiver operating characteristic). Per identificare potenziali fonti di eterogeneità sono state eseguite analisi di meta-regressione.

Risultati principali: La sensibilità, la specificità e l’area sotto la HSROC complessive per l’identificazione della ramp lesion sono state rispettivamente  0,71 (IC 95%, 0,59-0,81), 0,94 (IC 95%, 0,88-0,97) e 0,90 (95% CI, 0,87-0,92). Tra le potenziali co-variate, la potenza del magnete (P <.01), la posizione del ginocchio del paziente (P = .04) ed il lettore delle immagini in risonanza magnetica (P = .04) erano associate ad una eterogeneità in termini di sensibilità, mentre la potenza del magnete (P = .03 ) era associato ad una eterogeneità in termini di specificità.

Conclusione: La risonanza magnetica ha dimostrato una moderata sensibilità e un’eccellente specificità per la diagnosi di ramp lesion. In presenza di  ramp lesion si raccomanda una valutazione artroscopica di routine, indipendentemente dal fatto che questa venga sospettata in  risonanza magnetica. Sono necessari ulteriori studi clinico- radiologici sugli algoritmi diagnostici per identificare la ramp lesion, inclusa la risonanza magnetica ad alta risoluzione con appropriata posizione del ginocchio.

Commento: Ci congratuliamo con gli autori per aver pubblicato il loro lavoro nell’ambito delle lesioni del menisco mediale nel contesto della rottura del legamento crociato anteriore. Va notato che l’artroscopia non è il gold standard in termini di accuratezza per la valutazione delle lesioni menisco-capsulari, in particolare nel contesto di dati retrospettivi. In secondo luogo, è abbastanza comune vedere una frattura angolare (corner fracture) o una rottura longitudinale del menisco mediale nel contesto della lesione della LCA. Le interruzioni o il distacco menisco-capsulare spesso associati a tali rotture meniscali e sono difficili da distinguere in risonanza magnetica. Inoltre, dal momento che l’artroscopia per la ricostruzione del LCA  è spesso ritardata per evitare problemi di rigidità articolare derivanti da una ricostruzione precoce e per altri motivi non prevedibili, questa valutazione dell’accuratezza potrebbe non essere valida per l’uso nell’attuale pratica clinica routinaria.

 

Epidemiology and Imaging Classification of Pediatric Cervical Spine Injuries: 12- Year Experience at a Level 1 Trauma Center                                                                          

Beckmann NM, Chinapuvvula NR, Zhang X, West OC. Epidemiology and imaging classification of pediatric cervical spine injuries: 12-year experience at a Level 1 Trauma Center. American Journal of Roentgenology. 2020 Jun;214(6):1359-68.

https://www.ajronline.org/doi/abs/10.2214/AJR.19.22095

Domande: Qual è la percentuale di lesioni a carico della colonna cervicale nella popolazione pediatrica con trauma contusivo? Quali sono i tipi di lesioni alla colonna cervicale in questa popolazione?

Disegno dello studio: Studio retrospettivo

Partecipanti: 235 pazienti di età pari o inferiore a 16 anni con diagnosi di lesioni alla colonna cervicale nel registro dei traumi tra luglio 2006 e giugno 2018.

Criteri di esclusione: Sono stati esclusi i pazienti che non presentavano imaging con scansioni assiali (TC o RM) ed i pazienti con trauma penetrante alla colonna cervicale.

Metodo: Le immagini TC e/o RM alla diagnosi sono state valutate da un radiologo esperto in muscolo-scheletrica con 13 anni di esperienza e sono stati registrati il livello ed il tipo di lesione. Se le radiografie erano disponibili, il referto di queste è stato revisionato e confrontato con le caratteristiche della lesione all’imaging TC o RM.

Principali risultati: La frequenza di lesioni isolate alla colonna cervicale superiore è stata del 73% nei pazienti di età inferiore ai 3 anni, del 48% nei pazienti di età compresa tra 3 e 8 anni e del 29% nei pazienti di età superiore agli 8 anni. Il 71% delle fratture del condilo occipitale e il 26% delle fratture del dente dell’epistrofeo erano avulsioni. Le fratture del dente dell’epistrofeo di tipo II sono state riscontrate solo in pazienti di età superiore agli 8 anni; quelle di tipo I e III erano quasi esclusive in pazienti di età pari o inferiore a 8 anni. Le lesioni classificate come AO Spine di tipo A, B e C comprendevano rispettivamente il 65,6%, il 17,2% e il 17,2% delle lesioni subassiali.

Conclusione: I pazienti pediatrici presentano tassi elevati di lesioni in corrispondenza della porzione superiore della colonna cervicale; queste tendono ad essere lesioni distrattive e risultano frequentemente associate a fratture da avulsione. I tipi di infortunio nei pazienti pediatrici variano significativamente con l’età dove i pazienti di età inferiore ai 3 anni risultano particolarmente inclini a lesioni di tipo distrattivo.

Commento: Grazie per il lavoro. Le dimensioni relativamente più grandi della testa e la presenza di  legamenti cervicali più robusti in età pediatrica, spiegano probabilmente la frequenza più elevata di lesioni cervicali superiori e fratture da avulsione.

 

Clinical Value of Ultrasonographic Assessment in Lateral Epicondylitis Versus Asymptomatic Healthy Controls                                                                                                     

Krogh TP, Fredberg U, Ammitzbøll C, Ellingsen T. Clinical Value of Ultrasonographic Assessment in Lateral Epicondylitis Versus Asymptomatic Healthy Controls. The American Journal of Sports Medicine. 2020 Jun 2:0363546520921949.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32484714/

Background: L’epicondilite laterale (LE), nota anche come “gomito del tennista”, è una sindrome causata da un abuso nell’utilizzo del tendine estensore comune. L’aumento dello spessore del tendine estensore comune fa parte dei cambiamenti tendinei osservati nell’epicondilite laterale. L’ecografia viene spesso utilizzata nella valutazione dell’epicondilite laterale. Non vi sono tuttavia adeguate evidenze a sostegno del suo ruolo.

Domande: L’ecografia può essere utilizzata come unica metodica diagnostica per la diagnosi di LE?   Il tendine estensore comune presenta l’attività al color-Doppler  patognomonico per LE? Esiste  un’associazione tra la presenza di uno sperone osseo e lo sviluppo di LE?

Disegno dello studio: Studio osservazionale e comparativo trasversale.

Partecipanti: 264 partecipanti con gomiti sani e 60 partecipanti con epicondilite laterale cronica.

Criteri di esclusione per i pazienti con epicondilite laterale: Età <18 anni, somministrazione di glucocorticoidi negli ultimi 3 mesi, precedente intervento di epicondilite laterale, malattie infiammatorie (ad es. artrite reumatoide, artrite psoriasica o malattia infiammatoria intestinale), dolore al collo, dolore alla spalla ipsilaterale e altre sindromi dolorose croniche diffuse.

Criteri di esclusione per il gruppo con gomito sano: Età <20 anni e qualsiasi storia di dolore sul versante laterale del gomito.

Metodo: Sono stati valutati mediante ecografia lo spessore del tendine, l’attività al color Doppler e la presenza di sperone osseo. In aggiunta alle caratteristiche del paziente, sono stati registrati il dolore, la disabilità e lo score Patient-Rated Tennis Elbow Evaluation (PRTEE).

Risultati principali: A seconda della tecnica di misurazione utilizzata, lo spessore medio del tendine nei pazienti con epicondilite laterale era aumentato di 0,53 mm (10,2%) o 0,70 mm (14,5%) rispetto al braccio controlaterale e di 0,40 mm (7,9%) o 0,41 mm (8,5%) rispetto alla popolazione generale. L’attività Doppler (scala, 0-4) era di 3,47 nel braccio con l’epicondilite laterale,  di 0,13 nel braccio controlaterale asintomatico e di 0,26 nella popolazione generale. Lo sperone osseo è stato osservato nel 78% dei pazienti con epicondilite laterale rispetto al 45% nelle braccia controlaterali e al 50% nella popolazione generale.

Conclusione: L’ecografia non può essere utilizzata come unico strumento diagnostico, ma piuttosto come supplemento nella valutazione complessiva data la marcata variabilità in natura dello spessore del tendine ed i lievi aumenti di spessore del tendine nei pazienti con epicondilite laterale. Il gomito controlaterale (se asintomatico) è uno elemento di confronto migliore nella valutazione  dello spessore del tendine rispetto al valore medio della popolazione generale. L’attività Color Doppler è indicativa di tendinopatia in atto e supporta la diagnosi di epicondilite laterale, ma non è patognomonica della patologia; la sua assenza in un paziente con sospetta epicondilite laterale dovrebbe far sospettare altre diagnosi. L’identificazione di uno sperone osseo ha  valore clinico molto limitato considerata l’elevata prevalenza nella popolazione generale. Il dolore, la disabilità, lo score PRTEE e la durata della malattia non erano correlati a nessuna delle tecniche ecografiche studiate.

Commento: Grazie per l’interessante studio. Nella nostra pratica, la morbidezza del tendine all’ecopalpazione svolge un ruolo importante nel decidere sulla presenza di infiammazione in atto. Concordo sul fatto che lo sperone osseo asintomatico o l’ispessimento del tendine siano riscontri accidentali frequenti.

 

Not All Green Is Tophi: The Importance of Optimizing Minimum Attenuation and Using a Tin Filter to Minimize Clumpy Artifacts on Foot and Ankle Dual-Energy CT

Park EH, Yoo WH, Song YS, Byon JH, Pak J, Choi Y. Not All Green Is Tophi: The Importance of Optimizing Minimum Attenuation and Using a Tin Filter to Minimize Clumpy Artifacts on Foot and Ankle Dual-Energy CT. American Journal of Roentgenology. 2020 Jun;214(6):1335-42.

https://www.ajronline.org/doi/full/10.2214/AJR.19.22222

Background: La TC dual-energy (DECT) ha dimostrato risultati promettenti nel distinguere i cristalli di acido urico da quelli di calcio per la loro composizione chimica, il che ha reso possibile la diagnosi precoce di gotta. Il volume totale dei tofi nella gotta cronica può essere calcolato utilizzando la DECT che può consentire una valutazione quantitativa dei tofi e la risposta al trattamento durante il  follow-up. In determinate circostanze la DECT può codificare in verde  materiale non urico. Questo artefatto, che si presenta come un insieme di submillimetrici pixel verdi, è stato descritto con termini diversi, tra cui “cluster di artefatti submillimetrici” e “artefatto clumpy”. Dal momento che questo artefatto “clumpy” si presenta di solito come un agglomerato lungo il decorso di un tendine o di un legamento, simulando i tofi per morfologia e posizione, potrebbe complicare la diagnosi portando a falsi positivi.

Domande: Qual è la frequenza e la posizione degli artefatti clumpy? Qual è la percentuale  di artefatti clumpy diagnosticati erroneamente come gotta? Aumentare il valore minimo di attenuazione e utilizzare uno schermo selettivo per i fotoni nella DECT aiuterebbe a ridurre l’insorgenza di artefatto clumpy?

Disegno dello studio: Studio retrospettivo

Partecipanti: 40 pazienti sottoposti a DECT del piede e della caviglia presso l’ospedale Universitario Nazionale di Chonbuk.

Criteri di esclusione: TC single energy, storia di gotta, TC eseguita per escludere la gotta, età inferiore ai 16 anni, dolore che un reumatologo ha sospettato essere causato da gotta, protesi metalliche preesistenti nell’area scansionata e qualsiasi alta attenuazione notata sulle immagini TC in scala di grigi standard associata a pixel verdi sulle ricostruzioni DECT.

Metodo: Le immagini nel set 1 sono state ottenute con la DECT senza un filtro stagno; le immagini nel set 2 invece sono state ottenute con DECT con tin filter. Alle immagini di entrambi i set è stata assegnata in modo random  un’attenuazione minima di 130 HU o di 150 HU. Tre radiologi hanno controllato in modo indipendente in tutte le immagini la presenza, il volume e la localizzazione dei pixel codificati in verde e classificato i loro risultati sulla frequenza e sul volume basandosi su una scala di confidenza a 4 punti. Le percentuali e gli  score di diagnosi errata sono stati confrontati usando il Wilcoxon signed rank e il test McNemar.

Risultati principali: Nel set 1, la frequenza di artefatti clumpy  in DECT con una attenuazione minima impostata su 130 HU e su 150 HU era rispettivamente dell’81% e del 68%. Nel set 2, con una attenuazione minima impostata su 130 HU, la frequenza dell’artefatto clumpy era del 44%; con una attenuazione minima impostata su 150 HU, non sono stati osservati artefatti clumpy.

Conclusione: Gli artefatti clumpy  si sono verificati frequentemente nella DECT senza tin filter. L’impostazione dell’attenuazione minima su un valore maggiore di 150 HU riduceva la frequenza di tali artefatti e l’aggiunta di un tin filter alla DECT ne riduceva notevolmente il verificarsi.

Commento: Lavoro molto interessante e clinicamente rilevante. La riduzione di tali artefatti aiuterà la pratica clinica. Si spera che un numero maggiore di fornitori possa integrare tali progressi nel prossimo futuro.

 

Predicting Osteomyelitis In Patients Whose Initial MRI Demonstrated Bone Marrow Edema Without Corresponding T1 Signal Marrow Replacement                               

Sax AJ, Halpern EJ, Zoga AC, Roedl JB, Belair JA, Morrison WB. Predicting osteomyelitis in patients whose initial MRI demonstrated bone marrow edema without corresponding T1 signal marrow replacement. Skeletal Radiology. 2020 Mar 4:1-9.                                                    

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32130445/

Background: L’osteomielite può essere diagnosticata con sicurezza in un contesto appropriato (adiacente ad un’ulcera) quando si riscontra edema midollare nelle sequenze sensibili ai fluidi e sostituzione del segnale del grasso nelle sequenze pesate in T1. Tuttavia, in una percentuale di casi, il segnale proveniente dal midollo in corrispondenza di un’ulcera è discordante presentando  edema midollare nelle sequenze sensibili ai fluidi, ma segnale normale nelle sequenze pesate in T1. Si è postulato che ciò indichi un’”osteomielite precoce” o “iperemia reattiva”.

Domande: Quali sono le caratteristiche all’imaging in risonanza magnetica che suggeriscono un maggior rischio di osteomielite nei pazienti con ulcere in un piede diabetico ed immagini normali nelle sequenze pesate in T1?

Design: Studio retrospettivo

Partecipanti: 60 pazienti sottoposti a RM per sospetta osteomielite nel contesto di ulcera in piede diabetico.

Criteri di esclusione: Elementi metallici o di altro tipo e recente intervento chirurgico che preclude la valutazione del segnale proveniente dal midollo osseo.

Metodo: Sono state calcolate la dimensione e la profondità dell’ulcera. Sono stati ottenuti i rapporti tra ROI midollare / ROI fluido articolare in sequenze T2 / STIR. La progressione in osteomielite alla RM successiva era caratterizzata dalla perdita del normale segnale del midollo nelle immagini pesate in T1. L’analisi statistica è stata eseguita con un test t a due campioni e il modello dei rischi proporzionali di Cox.

Risultati principali: Dei 60 esami RM esaminati, 34 sono evoluti in osteomielite. Il rapporto medio ROI midollare /ROI fluidi articolari era del 65% nel gruppo osteomielite e del 45% nel gruppo non-osteomielite, p <0,001. I rapporti con ROI> 53% avevano un rischio di osteomielite 6,5 volte maggiore, p <0,001. La distanza dell’ulcera  dall’osso era di 6 mm nel gruppo con  osteomielite e 9 mm nel gruppo non-osteomielite, p = 0,02. Le ulcere superiori a 3 cm2 hanno un rischio due maggiore di evolvere in osteomielite, p = 0,04.

Conclusione: L’aumento del rapporto ROI midollare / ROI fluido articolare nelle sequenze T2 / STIR è il principlae fattore di rischio per lo sviluppo di osteomielite, mentre le dimensioni e la profondità delle ulcere sono predittori più deboli.

Commento: Lavoro intrigante. Nella nostra pratica, ci concentriamo maggiormente sulla distruzione della corticale che si manifesta con perdita dell’ipointensità corticale in T1 e T2 in corrispondenza dell’ulcera; quest’ultimo, insieme all’enhancement corticale quando viene somministrato gadolinio, sono segni molto affidabili. Penso che l’ipointensità del midollo in T1 sia un segno tardivo in RM, come suggerito anche dai risultati di questo studio.

 

Anomalous Signal Intensity Increase On Out-Of-Phase Chemical Shift Imaging: A Manifestation Of Marrow Mineralization?     

vanVucht N, Santiago R, Pressney I, Saifuddin A. Anomalous signal intensity increase on out-of-phase chemical shift imaging: a manifestation of marrow mineralisation?. Skeletal Radiology. 2020 Mar 20:1-7.

https://europepmc.org/article/med/32198527

Background: L’imaging chemical shift  con sequenze in fase (IP) ed in opposizione di fase (OOP)  è una tecnica consolidata per chiarire la natura di lesioni midollari indeterminate; una caduta dell’intensità del segnale (SI)> 20% nella RM a 1,5 tesla (T) o> 25% a 3 T nella sequenza fuori fase è indicativa di un processo non neoplastico come ad esempio di una lesione midollare a contenuto adiposo. Occasionalmente, nelle sequenze OOP,  può essere osservato un aumento di SI.

Domanda: Quali sono le cause di aumento dell’intensità di segnale nelle sequenze fuori fase?

Disegno dello studio: Studio prospettico

Partecipanti: 184 pazienti  valutati per sospetti tumori ossei.

Criteri di esclusione: Nessuno

Metodi: Nei 184 casi, è stata calcolata la variazione dell’intensità di segnale nelle sequenze in opposizione di fase. Per quei pazienti in cui l’intensità di segnale nelle sequenze in opposizione di fase era aumentata rispetto alle sequenze in fase, sono state valutati gli esami TC disponibili e le radiografie per ricercare  sclerosi midollare e / o  mineralizzazione della matrice.

Risultati principali: Dei 184 pazienti, 40 pazienti (34,35%) hanno presentato un aumento anomalo dell’intensità di segnale nelle sequenze in opposizione di fase. Gli esami TC (disponibili in 27 casi) hanno mostrato sclerosi midollare in 20 casi e mineralizzazione della matrice in 2 casi. Le radiografie hanno mostrato la mineralizzazione della matrice in 6 casi. In 2 casi è stato osservato un vuoto del segnale punteggiato compatibile con delle calcificazioni condrali. Sulla base delle caratteristiche tipiche all’imaging o all’esame istologico, il 17,5% dei casi è stato classificato come non neoplastico, il 45% come neoplasie benigne e il 37,5% come neoplasie maligne.

Conclusione: Nella valutazione delle lesioni focali del midollo osseo con il chemical shift imaging, si può osservare un aumento anomalo dell’intensità di segnale nelle sequenze in opposizione di fase in circa un terzo dei casi. In più del 75% di questi casi, le immagini TC o le radiografie mostrano sclerosi midollare diffusa o mineralizzazione della matrice.

Commento: Approfondimento interessante. Tornando alla fisica, le sequenze in opposizione di fase mostreranno un aumento del segnale in presenza di emorragia o di emosiderina. È quindi previsto anche nei casi di emosiderosi  midollare come ad es. anemia falciforme, PVNS (TSGCT), emartro, ecc.

 

Diffusion Tensor Imaging And Tractography For Preoperative Assessment Of Benign Peripheral Nerve Sheath Tumors                                                                                   

Gersing AS, Cervantes B, Knebel C, Schwaiger BJ, Kirschke JS, Weidlich D, Claudi C, Peeters JM, Pfeiffer D, Rummeny EJ, Karampinos DC. Diffusion tensor imaging and tractography for preoperative assessment of benign peripheral nerve sheath tumors. European Journal of Radiology. 2020 Jun 6:109110.

https://europepmc.org/article/med/32559592

Background: In seguito all’identificazione di un neurofibroma, la resezione completa del tumore può essere ottenuta esclusivamente rimuovendo del tutto il nervo interessato. Tuttavia questo provoca la perdita della funzione nervosa; quindi la resezione e le complicanze derivanti da questa devono essere attentamente valutate in funzione dei sintomi e del potenziale di un neurofibroma di evolvere in un tumore maligno della guaina del nervo periferico (MPNST), un sarcoma delle cellule del fuso. Gli Schwannomi invece non presentano un potenziale di malignità e se si trovano in posizione eccentrica, lungo il lato della via di accesso operatoria, i fasci nervosi possono facilmente essere preservati durante la procedura. Pertanto, la conoscenza dettagliata della posizione esatta dei fasci nervosi è cruciale in questi pazienti al fine di ottenere una resezione completa senza danni iatrogeni.

Domande: Qual è il valore diagnostico della trattografia delle fibre nervose e dell’analisi della diffusività generata dalle sequenze 3D in diffusione (DW)  nella valutazione preoperatoria dei tumori benigni delle guaine dei nervi periferici?; l’imaging preoperatorio con tensore di diffusione può aiutare  nella diagnosi differenziale tra un neurofibroma e uno schwannoma?

Disegno dello studio: Studio prospettico, da ottobre 2016 a gennaio 2018.

Partecipanti: Sono stati valutati 18 schwannomi e 11 neurofibromi in 22 pazienti (età media 50,9 ± 18,6 anni, 13 donne), con diagnosi finale dimostrata in tutti i casi all’esame istopatologico effettuato in seguito ad una biopsia escissionale o in seguito ad una biopsia successiva ad una resezione tumorale .

Criteri di esclusione: Sono state escluse da questo studio le lesioni di natura non nervosa (1 sarcoma e 2 mixomi).

Metodo: 22 pazienti (età media 41,9 ± 17,1 anni, 13 donne) con diagnosi di schwannomi (N = 18) e di neurofibromi confermate istologicamente (N = 11), sono stati sottoposti a RM a 3T includendo nello studio una sequenza 3D DW turbo spin echo con soppressione del grasso. Sono stati calcolati i parametri del tensore di diffusione ed è stato determinato il decorso delle fibre nervose. La valutazione per la diagnosi finale è stata eseguita da due radiologi e un chirurgo ortopedico in cieco. La diffusività media è stata calcolata per consentire un’ulteriore valutazione della microstruttura del tumore. I fasci sono stati classificati in base alla posizione anatomica e al numero di fasci che circonda il tumore; inoltre è stata classificata la visualizzazione preoperatoria del fascio nervoso. Infine è stata valutata la concordanza tra i risultati dell’imaging e quelli intraoperatori.

Risultati principali: Nel 78,3% delle immagini con tensore di diffusione, la visualizzazione del fascio nervoso è stata valutata come buona o molto buona. Sono state osservate differenze nella trattografia degli schwannomi e dei neurofibromi mostrando che gli schwannomi sono significativamente più spesso localizzati eccentricamente al nervo (94,8%) rispetto ai neurofibromi (0%, P <0,01).  I fasci erano significativamente più spesso continui (87,5%) negli schwannomi, rispetto ai neurofibromi in cui nessuna dei fasci era classificato come continuo (0%, P = 0,014).  È stata trovata una concordanza sostanziale tra il decorso delle fibre e l’anatomia chirurgica per quanto riguarda il decorso dei fasci che circondano il tumore (κ = 0,78). La diffusività media degli schwannomi (1,5 ± 0,2 × 10 −3 mm 2 / s) era significativamente inferiore rispetto ai neurofibromi (1,8 ± 0,2 × 10 −3 mm 2 / s; P <0,001). L’indice Youden ha mostrato un cut-off ottimale a 1,7 × 10 −3mm 2 / s (sensibilità, 0,91; specificità, 0,78; J = 0,69).

Conclusioni: L’imaging preoperatorio con tensore di diffusione ha permesso di differenziare accuratamente gli schwannomi dai neurofibromi e di descrivere la loro posizione in relazione ai fasci nervosi per la pianificazione preoperatoria.

Commento: Grazie per lo studio. La dimensione del campione è piccola ma evidenzia bene le differenze tra i diversi tumori della guaina nervosa. Un altro elemento da sottolineare è che la schwannomatosi segmentaria rende ancora più difficile se non impossibile la resecabilità. Inoltre, i fasci coinvolti nello schwannoma o nel neurofibroma non sono funzionali e la loro resezione solito non conduce  ad una significativa debolezza funzionale. Spero vengano condotti studi più ampi su questo argomento.

 

Flat-Panel CT Arthrography For Cartilage Defect Detection In The Ankle Joint: First Results In Vivo      

Sarah P, David C, Roman G, Vanessa P, Daphné G, Pierre C, Le Corroller T. Flat-panel CT arthrography for cartilage defect detection in the ankle joint: first results in vivo. Skeletal radiology. 2020 Mar 7:1-7.

https://link.springer.com/article/10.1007/s00256-020-03398-9

Background: L’artro-RM offre risultati migliori rispetto all’imaging standard di RM nell’identificare difetti condrali e deve quindi essere considerata in pazienti con sospetta lesione a carico della cartilagine articolare. L’artro-TC multidetettore (MDCT) è considerata il metodo di scelta per valutare la cartilagine articolare, in particolare dell’articolazione della caviglia in cui la cartilagine ialina risulta essere particolarmente sottile. E’ stato recentemente dimostrato che l’arto-TC Flat-Panel (FPCT) è utilizzabile come l’artro-MDCT con una qualità dell’immagine simile sia in vitro che in vivo.

Domande: Qual è la performance diagnostica dell’artro-FPCT per identificare i difetti della cartilagine articolare della caviglia rispetto all’artro-RM e all’artro-MDCT?

Design: studio comparativo prospettico

Partecipanti: 27 pazienti con sospetta lesione della cartilagine articolare della caviglia sono stati arruolati tra luglio 2015 e aprile 2017. Questi pazienti hanno eseguito l’artro- FPCT, la TC multistrato e la RM nello stesso giorno come parte dello studio preoperatorio.

Criteri di esclusione: Storia di precedente artroscopia della caviglia o chirurgia a cielo aperto e un ritardo tra la somministrazione di mezzo di contrasto e l’acquisizione delle immagini superiore a 30 minuti.                                                                                                                                                                  

Metodo: 27 pazienti con sospetta lesione della cartilagine articolare sono stati sottoposti ad artrografia della caviglia con somministrazione di una miscela di gadolinio diluito e iobitridolo e esaminati consecutivamente con artro-FPCT, TC e RM a 1,5 T. Gli esami artrografici FPCT, TC e RM eseguiti sono stati valutati in cieco ed in maniera casuale da due radiologi esperti in muscolo scheletrica in consenso. Per ciascuna caviglia, sono state valutate separatamente 8 aree della cartilagine articolare: superficie talare mediale, troclea talare mediale, troclea talare laterale, superficie talare laterale, malleolo tibiale, pilone tibiale mediale, pilone tibiale laterale e malleolo peroneale. I risultati ottenuti con la FPCT e la RM sono stati confrontati con la TC per 216 aree della cartilagine.

Risultati principali: Nell’identificare i difetti della cartilagine, la FPCT ha dimostrato una sensibilità del 97%, una specificità del 95% e  un’accuratezza del 96%;  l’artro-RM una sensibilità del 69%, una specificità del 94% e un’accuratezza dell’87%. L’artro-FPCT e l’artro-RM hanno presentato una concordanza quasi perfetta, mentre con l’artro-TC hanno presentato una concordanza moderata. La confidenza diagnostica media era maggiore mediante FPCT (2.9 / 3) rispetto all’artro-RM (2.3 / 3) ed alla CT (2.7 / 3).

Conclusione: La FPCT ha dimostrato una accuratezza maggiore rispetto all’artro-RM a 1,5 T per identificare i difetti della cartilagine articolare della caviglia. Pertanto, la FPCT dovrebbe essere presa in considerazione nei pazienti da sottoporre ad un imaging dedicato per lo studio della cartilagine articolare della caviglia.

Commento: Grazie per il lavoro. L’artro-RM della caviglia sta diventando obsoleto nella nostra pratica e le scansioni ad alta risoluzione a 1.5 T o l’imaging 3D a 1.5 T e le risonanze magnetiche a 3T hanno praticamente sostituito tutte le altre metodiche di imaging per lo studio della cartilagine articolare. E’ possibile evitare la somministrazione di radiazioni ionizzanti qualora la risoluzione dell’immagine con la risonanza magnetica venga mantenuta ottimale con sezioni di 3 mm su immagini  2D e una matrice maggiore o uguale a 256 oppure 0,65-0,7 mm voxel su immagini 3D T2W.

 

Translated by: Ilaria Viola, MD – Federica Vernuccio, MD

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